mercoledì 25 maggio 2011

Interviste impossibili: Pitagora nella bottega del fabbro (seconda parte)

... segue da Interviste impossibili: Pitagora nella bottega del fabbro (prima parte)

- Allora, le cose andarono così...

Baaam, baaam, boom, biiiim, bääämmm ...
Basta, baasta, baaasta! Smettetela di martellare quelle incudini! Non sopporto questo frastuonooo!!
Aprì gli occhi. Era sudato. Quell’inizio di ecatombeone era più caldo del solito. E da qualche giorno si svegliava con il suono metallico di quei colpi che rimbombavano nelle sue orecchie. Da quando avevano cambiato il loro percorso mattutino per raggiungere la scuola continuava a sognare la scena in cui lui e i suoi allievi preferiti, Eratocle e Filolao, passavano davanti alla bottega di fronte al tempietto di Eracle e le loro voci venivano sopraffatte dal fragore delle martellate di Gerone il fabbro e dei suoi apprendisti.
Si alzò dal letto, si preparò la sua solita maza con miele e riempì la sua coppa di ciceone. Mangiò e bevve con lentezza. Mentre indossava il chitone sentì risuonare nell’aria le voci familiari di Eratocle e Filolao. Indossò anche il pileo e li fece entrare.
- Buongiorno maestro, spero che abbiate trascorso una buona nottata.
- Non esattamente caro Eratocle, non esattamente. E a te Filolao come va la gamba?
- Mi duole ancora maestro. Spero non vi dispiaccia se anche stamani vi chiedo di prendere il percorso lungo.
Pitagora lo guardò con un misto di comprensione e fastidio: - Non mi dispiace - rispose secco.
Uscirono. La giornata era serena ed il solstizio era alle porte. Il sole era già abbastanza alto sull’orizzonte. Una piacevole brezza rendeva il caldo più sopportabile ed increspava la superficie dello Ionio. Si incamminarono verso la scuola. Filolao zoppicava vistosamente. Pur con tutta la buona volontà non ce l’avrebbe proprio fatta ad affrontare la scorciatoia con quella ripida salita e quella scomoda discesa. L’infortunio alla gamba che si era procurato durante l’allenamento con Milone era ancora troppo fresco. Forse avrebbe compromesso la sua partecipazione alla prossima olimpiade.
Nel frattempo avevano svoltato l’angolo e si stavano lentamente avvicinando al tempietto di Eracle.
Mah, alla fine non sarà poi così male rimanere a Crotone con Eratocle e gli altri - tentò di consolarsi Filolao.
Si cominciava ad intravedere in lontananza la tozza figura di Gerone intento a forgiare una spada nella sua bottega. Gerone era il miglior fabbro della città e la sua officina era la più grande di Crotone nonché la più frequentata ed ambita dagli apprendisti.
Man mano che i tre si avvicinavano alla bottega del fabbro il clangore delle martellate si faceva più forte.
Baaam, boom, baaam, boom, biiiim, bääämmm
Eratocle si accorse che il volto del maestro si stava contraendo in una strana smorfia. - Avrà bevuto troppo ciceone? - pensò.
Oramai si trovavano quasi tra il tempietto e la bottega.
Baaam, boom, biiim, baaam, booom, bääämmm
Il maestro si mostrava sempre più inquieto. Inquieto ma concentrato. E tutta la sua attenzione pareva essere rivolta al lavoro di Gerone. Pitagora sembrava letteralmente magnetizzato. Improvvisamente deviò infilandosi nella bottega. Eratocle e Filolao si scambiarono uno sguardo perplesso e lo seguirono disorientati.
Gerone parve molto sorpreso nel vedere il grande Pitagora entrare nella sua bottega. Il fabbro estrasse la spada dal contenitore pieno d’acqua in cui la teneva immersa per temprarla. Ad un osservatore distratto quell'atto sarebbe potuto apparire minaccioso. Ma ad uno sguardo più attento non sarebbe sfuggita l'espressione ammirata di Gerone. Un paio di apprendisti che avevano notato la scena cessarono l'attività, mentre gli altri continuavano a forgiare il metallo a suon di martellate.
- Benvenuto maestro. La mia officina è a vostra disposizione - declamò dignitosamente, ma con una nota di riverenza, Gerone.
Pitagora non vi badò. Il suo volto si era contratto ancora di più. Muoveva in continuazione la testa passando gli occhi da un martellatore all’altro.
Baaam, boom, baaam, booom, biiim, baaam, bääämmm
- Maestro volevate chiedere qualcosa a mastro Gerone? - tentò di esortarlo Eratocle. Pitagora ignorò anche lui.
Ora Eratocle si era accorto che lo sguardo del maestro si era fissato su un gruppetto di tre apprendisti che stavano lavorando con martelli e incudini di dimensioni diverse. La smorfia del maestro stava mutando. Il volto si distendeva e gli occhi si allargavano. D’improvviso Pitagora inarcò le sopracciglia, aprì la bocca e inspirò profondamente: - oh Zeus! - esclamò.
Si avvicinò quindi al più nerboruto dei tre. Tutti gli occhi erano oramai puntati sul maestro. Il giovane apprendista smise di martellare e fu presto imitato da tutti gli altri. La figura del giovane sovrastava quella di Pitagora. Nonostante ciò l'apprendista sembrava a disagio e sorrideva imbarazzato.
- Come vi chiamate ragazzo.
- Cilone, maestro - rispose l'apprendista con voce profonda.
- E voi due? Come vi chiamate?
- Basileios, per servirvi.
- Io sono Corebo, maestro.
- Se non sbaglio, Cilone, la tua incudine e il tuo martello sono più grandi di quelli di Corebo e Basileios.
- Sì maestro, quelli che sto usando sono gli strumenti per forgiare le armature delle ruote dei carri. - rispose Cilone. - A parte quelli di mastro Gerone, sono i più grandi tra quelli che usiamo.
- E quelli di Corebo e Basileios invece per che cosa vengono usati?
- Con l’incudine e il martello di Basileios, che sono poco più piccoli di quelli di Cilone, vengono forgiate le spade - intervenne Gerone - mentre Corebo si sta occupando dei ferri di cavallo. - L’incudine di Corebo è circa la metà di quella di Cilone - aggiunse poi Gerone.
- Cilone, potresti colpire la tua incudine per favore - disse Pitagora.
Cilone guardò il fabbro. Gerone annuì. Cilone sferrò quindi una martellata sulla sua incudine.
baaammm
- Ed ora tu Corebo potresti colpire la tua? - Corebo imitò Cilone.
biiimmmm
- Ed ora insieme!
baaammm
biiimmmm
Pitagora si girò verso i suoi allievi con un sorriso serafico. - Sentite che armonia? - disse con voce calma. - Sentite come si fondono questi suoni? - e poi voltandosi di nuovo verso le incudini: - Sentite che consonanza?
- Sì maestro. Ma perché la cosa vi entusiasma così tanto? - disse Filolao.
Pitagora lo guardò, roteò un po' lo sguardo, si toccò il mento e inspirò.
- Cilone e Basileios! Potreste colpire le vostre incudini contemporaneamente?
Cilone e Basileios colpirono le rispettive incudini.
baaammm
bääämmm
Pitagora si coprì la orecchie con le mani mentre il suo volto si modellava su una smorfia di disgusto.
- Sentite ora invece che fastidioso frastuono!? Sentite che dissonanza!!??
- È vero - osservò Filolao. - Ma da che cosa può dipendere questa differenza? - Rimase pensieroso per un attimo e poi riprese: - Le incudini e i martelli sono dello stesso materiale....
- Forse dalla dimensione dei martelli? - suggerì Eratocle.
- Possiamo fare una prova - disse Pitagora. - Corebo potresti colpire l'incudine di Cilone con il tuo martelletto mentre Basileios complisce la sua incudine con il suo martello?
Corebo raggiunse l'incudine di Cilone.
baaammm
bääämmm
- No! Non dipende dalla dimensione dei martelli - sottolineò Filolao guardando Eratocle. - C’è una differenza nel suono ma il risultato è ugualmente sgradevole.
Pitagora si mosse in direzione del fabbro e disse: - Mastro Gerone, avete un'incudine di dimensione diversa? Cilone ha detto che la vostra è la più grande.
- Sì, la mia è tre volte quella di Corebo.
- Bene! - rispose Pitagora. - Se non vi dispiace, mastro Gerone, potreste colpire la vostra incudine mentre Cilone colpisce la sua? Mastro Gerone e il suo apprendista si scambiarono uno sguardo dubbioso. Assecondarono comunque Pitagora.
booommm
baaammm
- Mmhh… sono di nuovo gradevoli all’orecchio. - commentò tra se e se Filolao. Poi rivolgendosi al maestro: - Quindi che cosa state cercando di dirci che questa cosiddetta consonanza non dipende dai martelli bensì dalle dimensioni delle incudini?
- È una possibile interpretazione, caro Filolao. Ma ora vorrei pregare Corebo di unirsi all'esperimento e colpire la sua incudine insieme a Cilone e mastro Gerone.
I tre esaudirono di nuovo la richiesta di Pitagora.
booommm
baaammm
biiimmm
- Ancora una bella consonanza! - esclamò Eratocle. - Sì, un accordo - ribatté Pitagora.
- Quindi ...
- Allora ...
- ... che conclusioni ...
- ... che cosa se ne può ...
Dissero con enfasi Eratocle e Filolao sovrapponendosi.
- Mi spiace interromper i lor signori - s'inserì Gerone. - Ma entro stasera dovremmo portare a termine una commessa di cento spade. E se non lavoriamo sodo potremmo non farcela. Con tutto il dovuto rispetto vorrei chiedervi...
- Ci scusiamo per la nostra brusca irruzione, mastro Gerone - lo interruppe Pitagora. - Vi salutiamo ringraziandovi per la vostra generosa collaborazione.
- È stato un onore maestro, ma purtroppo gli impegni presi ci impongono certi ritmi di lavoro.

…continua…

Interviste impossibili: Pitagora nella bottega del fabbro (seconda parte)

... segue da Interviste impossibili: Pitagora nella bottega del fabbro (prima parte)

- Allora, le cose andarono così...

Baaam, baaam, boom, biiiim, bääämmm ...
Basta, baasta, baaasta! Smettetela di martellare quelle incudini! Non sopporto questo frastuonooo!!
Aprì gli occhi. Era sudato. Quell’inizio di ecatombeone era più caldo del solito. E da qualche giorno si svegliava con il suono metallico di quei colpi che rimbombavano nelle sue orecchie. Da quando avevano cambiato il loro percorso mattutino per raggiungere la scuola continuava a sognare la scena in cui lui e i suoi allievi preferiti, Eratocle e Filolao, passavano davanti alla bottega di fronte al tempietto di Eracle e le loro voci venivano sopraffatte dal fragore delle martellate di Gerone il fabbro e dei suoi apprendisti.
Si alzò dal letto, si preparò la sua solita maza con miele e riempì la sua coppa di ciceone. Mangiò e bevve con lentezza. Mentre indossava il chitone sentì risuonare nell’aria le voci familiari di Eratocle e Filolao. Indossò anche il pileo e li fece entrare.
- Buongiorno maestro, spero che abbiate trascorso una buona nottata.
- Non esattamente caro Eratocle, non esattamente. E a te Filolao come va la gamba?
- Mi duole ancora maestro. Spero non vi dispiaccia se anche stamani vi chiedo di prendere il percorso lungo.
Pitagora lo guardò con un misto di comprensione e fastidio: - Non mi dispiace - rispose secco.
Uscirono. La giornata era serena ed il solstizio era alle porte. Il sole era già abbastanza alto sull’orizzonte. Una piacevole brezza rendeva il caldo più sopportabile ed increspava la superficie dello Ionio. Si incamminarono verso la scuola. Filolao zoppicava vistosamente. Pur con tutta la buona volontà non ce l’avrebbe proprio fatta ad affrontare la scorciatoia con quella ripida salita e quella scomoda discesa. L’infortunio alla gamba che si era procurato durante l’allenamento con Milone era ancora troppo fresco. Forse avrebbe compromesso la sua partecipazione alla prossima olimpiade.
Nel frattempo avevano svoltato l’angolo e si stavano lentamente avvicinando al tempietto di Eracle.
Mah, alla fine non sarà poi così male rimanere a Crotone con Eratocle e gli altri - tentò di consolarsi Filolao.
Si cominciava ad intravedere in lontananza la tozza figura di Gerone intento a forgiare una spada nella sua bottega. Gerone era il miglior fabbro della città e la sua officina era la più grande di Crotone nonché la più frequentata ed ambita dagli apprendisti.
Man mano che i tre si avvicinavano alla bottega del fabbro il clangore delle martellate si faceva più forte.
Baaam, boom, baaam, boom, biiiim, bääämmm
Eratocle si accorse che il volto del maestro si stava contraendo in una strana smorfia. - Avrà bevuto troppo ciceone? - pensò.
Oramai si trovavano quasi tra il tempietto e la bottega.
Baaam, boom, biiim, baaam, booom, bääämmm
Il maestro si mostrava sempre più inquieto. Inquieto ma concentrato. E tutta la sua attenzione pareva essere rivolta al lavoro di Gerone. Pitagora sembrava letteralmente magnetizzato. Improvvisamente deviò infilandosi nella bottega. Eratocle e Filolao si scambiarono uno sguardo perplesso e lo seguirono disorientati.
Gerone parve molto sorpreso nel vedere il grande Pitagora entrare nella sua bottega. Il fabbro estrasse la spada dal contenitore pieno d’acqua in cui la teneva immersa per temprarla. Ad un osservatore distratto quell'atto sarebbe potuto apparire minaccioso. Ma ad uno sguardo più attento non sarebbe sfuggita l'espressione ammirata di Gerone. Un paio di apprendisti che avevano notato la scena cessarono l'attività, mentre gli altri continuavano a forgiare il metallo a suon di martellate.
- Benvenuto maestro. La mia officina è a vostra disposizione - declamò dignitosamente, ma con una nota di riverenza, Gerone.
Pitagora non vi badò. Il suo volto si era contratto ancora di più. Muoveva in continuazione la testa passando gli occhi da un martellatore all’altro.
Baaam, boom, baaam, booom, biiim, baaam, bääämmm
- Maestro volevate chiedere qualcosa a mastro Gerone? - tentò di esortarlo Eratocle. Pitagora ignorò anche lui.
Ora Eratocle si era accorto che lo sguardo del maestro si era fissato su un gruppetto di tre apprendisti che stavano lavorando con martelli e incudini di dimensioni diverse. La smorfia del maestro stava mutando. Il volto si distendeva e gli occhi si allargavano. D’improvviso Pitagora inarcò le sopracciglia, aprì la bocca e inspirò profondamente: - oh Zeus! - esclamò.
Si avvicinò quindi al più nerboruto dei tre. Tutti gli occhi erano oramai puntati sul maestro. Il giovane apprendista smise di martellare e fu presto imitato da tutti gli altri. La figura del giovane sovrastava quella di Pitagora. Nonostante ciò l'apprendista sembrava a disagio e sorrideva imbarazzato.
- Come vi chiamate ragazzo.
- Cilone, maestro - rispose l'apprendista con voce profonda.
- E voi due? Come vi chiamate?
- Basileios, per servirvi.
- Io sono Corebo, maestro.
- Se non sbaglio, Cilone, la tua incudine e il tuo martello sono più grandi di quelli di Corebo e Basileios.
- Sì maestro, quelli che sto usando sono gli strumenti per forgiare le armature delle ruote dei carri. - rispose Cilone. - A parte quelli di mastro Gerone, sono i più grandi tra quelli che usiamo.
- E quelli di Corebo e Basileios invece per che cosa vengono usati?
- Con l’incudine e il martello di Basileios, che sono poco più piccoli di quelli di Cilone, vengono forgiate le spade - intervenne Gerone - mentre Corebo si sta occupando dei ferri di cavallo. - L’incudine di Corebo è circa la metà di quella di Cilone - aggiunse poi Gerone.
- Cilone, potresti colpire la tua incudine per favore - disse Pitagora.
Cilone guardò il fabbro. Gerone annuì. Cilone sferrò quindi una martellata sulla sua incudine.
baaammm
- Ed ora tu Corebo potresti colpire la tua? - Corebo imitò Cilone.
biiimmmm
- Ed ora insieme!
baaammm
biiimmmm
Pitagora si girò verso i suoi allievi con un sorriso serafico. - Sentite che armonia? - disse con voce calma. - Sentite come si fondono questi suoni? - e poi voltandosi di nuovo verso le incudini: - Sentite che consonanza?
- Sì maestro. Ma perché la cosa vi entusiasma così tanto? - disse Filolao.
Pitagora lo guardò, roteò un po' lo sguardo, si toccò il mento e inspirò.
- Cilone e Basileios! Potreste colpire le vostre incudini contemporaneamente?
Cilone e Basileios colpirono le rispettive incudini.
baaammm
bääämmm
Pitagora si coprì la orecchie con le mani mentre il suo volto si modellava su una smorfia di disgusto.
- Sentite ora invece che fastidioso frastuono!? Sentite che dissonanza!!??
- È vero - osservò Filolao. - Ma da che cosa può dipendere questa differenza? - Rimase pensieroso per un attimo e poi riprese: - Le incudini e i martelli sono dello stesso materiale....
- Forse dalla dimensione dei martelli? - suggerì Eratocle.
- Possiamo fare una prova - disse Pitagora. - Corebo potresti colpire l'incudine di Cilone con il tuo martelletto mentre Basileios complisce la sua incudine con il suo martello?
Corebo raggiunse l'incudine di Cilone.
baaammm
bääämmm
- No! Non dipende dalla dimensione dei martelli - sottolineò Filolao guardando Eratocle. - C’è una differenza nel suono ma il risultato è ugualmente sgradevole.
Pitagora si mosse in direzione del fabbro e disse: - Mastro Gerone, avete un'incudine di dimensione diversa? Cilone ha detto che la vostra è la più grande.
- Sì, la mia è tre volte quella di Corebo.
- Bene! - rispose Pitagora. - Se non vi dispiace, mastro Gerone, potreste colpire la vostra incudine mentre Cilone colpisce la sua? Mastro Gerone e il suo apprendista si scambiarono uno sguardo dubbioso. Assecondarono comunque Pitagora.
booommm
baaammm
- Mmhh… sono di nuovo gradevoli all’orecchio. - commentò tra se e se Filolao. Poi rivolgendosi al maestro: - Quindi che cosa state cercando di dirci che questa cosiddetta consonanza non dipende dai martelli bensì dalle dimensioni delle incudini?
- È una possibile interpretazione, caro Filolao. Ma ora vorrei pregare Corebo di unirsi all'esperimento e colpire la sua incudine insieme a Cilone e mastro Gerone.
I tre esaudirono di nuovo la richiesta di Pitagora.
booommm
baaammm
biiimmm
- Ancora una bella consonanza! - esclamò Eratocle. - Sì, un accordo - ribatté Pitagora.
- Quindi ...
- Allora ...
- ... che conclusioni ...
- ... che cosa se ne può ...
Dissero con enfasi Eratocle e Filolao sovrapponendosi.
- Mi spiace interromper i lor signori - s'inserì Gerone. - Ma entro stasera dovremmo portare a termine una commessa di cento spade. E se non lavoriamo sodo potremmo non farcela. Con tutto il dovuto rispetto vorrei chiedervi...
- Ci scusiamo per la nostra brusca irruzione, mastro Gerone - lo interruppe Pitagora. - Vi salutiamo ringraziandovi per la vostra generosa collaborazione.
- È stato un onore maestro, ma purtroppo gli impegni presi ci impongono certi ritmi di lavoro.

…continua…

lunedì 23 maggio 2011

Interviste impossibili: Pitagora nella bottega del fabbro (prima parte)

Giamblico scrive che Pitagora, durante le sue passeggiate per le strade di Crotone, era solito passare nei pressi della bottega di un fabbro e in questo modo si accorse che c’erano delle differenze tra i vari suoni che provenivano dall’interno della bottega: alcuni suoni risultavano gradevoli, cioè consonanti, mentre altri erano fastidiosi, cioè dissonanti. Entrato quindi nella bottega il filosofo si mise ad osservare il lavoro dei fabbri e si accorse che l’altezza dei suoni dipendeva dai pesi dei martelli. Su questa scoperta il filosofo fondò la sua interpretazione del mondo.
Ma considerando che Pitagora visse nel VI secolo a.C. voi vi fidereste di quello che Giamblico scrisse otto secoli dopo? Non preferireste conoscere la storia direttamente dalle parole di Pitagora? Qualcuno penserà che ciò è impossibile, ma alcuni di voi sanno già che con il nostro φιχιfonino oltretombale di Mηλον, l’adePhone 5, possiamo effettuare collegamenti iperspazio-temporali retrogradi. Così come per l’intervista a Talete, grazie a questa tecnologia siamo in grado di offrirvi, in esclusiva universale, un'intervista telefonica con il cofondatore dell’impostazione logico-deduttiva della Matematica nonché filosofo, mistico e teorico musicale: Pitagora di Samo in persona!
Stavolta sono riuscito a procurarmi il numero diretto di Cerbero così potremo evitare quella lugubre e fastidiosa segreteria telefonica dell'Ade. Allora, proviamo a digitare il numero fornitomi dai nostri informatori: 000 666 006 #+*~°
- Druum, Druuuum. Druum, Druuuum. Pronto! Sono la seconda testa dell’operatore Cerbero. Le interesserebbe l’offerta “Chiama l’Ade senza rate”? Con solo una ricarica potrete …
- No, grazie Cerbero, non mi interessa. Vorrei parlare con Pitagora.
- Pitagora chi? Dovrebbe essere un po’ più specifico!
- Ma Pitagora di Samo ovviamente!
- Pitagora di Samo, dice lei. E mica ce n'è stato solo uno di Pitagora a Samo! Deve essere più specifico!
- Pitagora di Samo: il filosofo-matematico!
- Aahhaahhh, non bastaaa! Senta ho capito. Facciamo così. Altrimenti qui ci stiamo fino al prossimo Sciroforione. Mi dica la paternità. È Pitagora di Samo figlio di Eratocle o Pitagora di Samo figlio di Mnemarco.
- Ehm… Mi sembra che Giamblico citasse Mnemarco.
- E non poteva dirmelo prima?! Pitagora di Samo figlio di Mnemarco non c’è!
- Come non c’è! E dove si troverebbe scusi!
- Ah, ma allora lei è proprio ignorante!! Egli dimora nei Campi Elisi.
- Nei Campi Elisi!?
- Sì! Nel regno di Crono. Dove dimorano tutti quelli che furono amati dagli Dei. Non mi dica che era all’oscuro dell’esistenza dell’Eliseo!
- No, no, è che… i tempi delle letture dei classici sono un po’ lontani e …
- Vabbè, ho capito!
- Senti Cerbero, piuttosto, non mi potresti dare il numero di questi Campi Elisi?
- Bè, sì, io il numero glielo posso anche dare, ma non le consiglierei di provare a chiamare.
- E perché?
- Mah, guardi, l’Eliseo è ancora all’età della pietra. Tutti belli e buoni, ma in fatto di tecnologie.... Hanno linee lentissime. Le costerebbe un’enormità. E poi quel Crono. È di un’antipatia! Ed è pure un po’ duro d’orecchi.
- E io come dovrei fare allora per l’intervista a Pitagora? Ormai il pezzo lo devo scrivere. Mica me lo posso inventare!
- Bè, io un’idea ce l’avrei.
- E cioè?
- Un baratto. Lei mi compra l’offerta “Chiama l’Ade senza rate” e io le racconto la vera storia di Pitagora nella bottega del fabbro.
- Quella di Giamblico?
- Ma no!! Quella che ho sentito direttamente dalla voce di Pitagora. Lo ospitai qualche ora durante l’attesa per il passaggio ai Campi Elisi. Nulla a che vedere con la versione di Giamblico.
- Bene. Affare fatto!
- Allora, le cose andarono così...

…continua…

sabato 14 maggio 2011

Carnevale della Matematica #37

La ricchissima edizione del Carnevale della Matematica di Maggio è ospitata da Gianluigi Filippelli su DropSea.
Gianluigi introduce così il mio contributo:
E poi ecco una musica lontana che ci guida... sembra Giuseppe Verdi...

E' una musica di attesa, scopro, per una intervista telefonica, quella che Dioniso ha fatto con un signore da poco conto, in fondo un semplice geometra, nel senso di un matematico che si interessa alla Geometria, tale Talete di Mileto.
L'intervista è bella e interessante, suddivisa in due parti (prima e seconda), anche se, però, per i più pigri c'è una trattazione sintetica. Per quelli che invece vogliono stamparsela, c'è anche una versione in pdf.

Il carnevale 38 di giugno sarà ospitato da MaddMaths.

Calendario con le date delle prossime edizioni del Carnevale
Pagina fan del Carnevale su Facebook

mercoledì 4 maggio 2011

Interviste impossibili: Talete (seconda parte)

... segue da Interviste impossibili: Talete (prima parte)

- Allora, le cose andarono così...
La fama della saggezza dei sacerdoti della valle del Nilo mi aveva raggiunto a Mileto. Ero molto giovane e avido di nuove conoscenze. Decisi così di mettermi in viaggio verso l’Egitto.
Una volta lì riuscii ad instaurare con i sacerdoti un rapporto denso di scambi. E presto la fama delle mie doti matematiche raggiunse persino il faraone Amasis. Amasis oltre che per la sua crudeltà era anche noto per la sua passione per le sfide. Volle quindi mettere alla prova questo barbaro che era riuscito a guadagnarsi la stima dei suoi sacerdoti. Insieme ad essi mi fece così convocare a corte e mi propose questa sfida: se da solo riuscirete in un giorno a misurare l'altezza dell'obelisco di Ramses II vi ricoprirò d'oro, ma se al tramonto non vi sarete riuscito allora sarete murato nella piramide di Cheope.
- Ah, quindi in qualche modo la piramide di Cheope entra in gioco!
- Sì, ma non nel modo raccontato da Plutarco.
Ma tornando tornano alla corte di Ramses, alle parole del faraone seguì un mormorio diffuso. Il bisbiglio di qualche sacerdote mi raggiunse: “Non accettare!”, “Rifiuta!”
- Bè, certo, anch'io avrei rifiutato.
- Io invece non rifiutai. Ero giovane e le sfide piacevano anche a me. Misi così a rischio la mia vita accettando la sfida di uno dei faraoni più spietati della storia d'Egitto.
- Bel coraggio!
- Qualche giorno dopo fui scortato a Tebe, quella che voi oggi chiamate Luxor. Lì, ai piedi dell'obelisco, oltre ai sacerdoti, alla guardia e al messo del faraone, si era radunata una folla di curiosi. Il messo lesse pubblicamente il testo della sfida.
- Immagino la tensione.
- Bè, sì, non ero propriamente rilassato. Ma neppure il pubblico lo era, a giudicare dal silenzio ieratico che mi circondava. Eravamo all'inizio di Metagitnione, il solstizio era passato da qualche giorno, e il sole ardeva quasi perpendicolare sulle nostre teste.
- Quindi oltre al nervosismo contribuiva anche il sole a surriscaldare il clima.
- Il giorno prima durante il viaggio avevo impegnato tutte le mie facoltà mentali per trovare una possibile soluzione. Non appena ci trovavamo vicino a un obelisco rivolgevo tutta la mia attenzione a quell'oggetto. Lo guardavo dall'alto in basso, lo studiavo, osservavo il suolo circostante, la sua ombra; ma non mi veniva nessuna idea.
- Non eravate spaventato?
- Non lo nego, ma la determinazione superava lo spavento. Quella notte ci misi un po' per addormentarmi. E il mio sonno fu molto agitato. Verso l'alba Atena mi comparve in sogno.
- La dea Atena?
- Sì lei. "L'ombra" - mi diceva - "Guarda l'ombra. È lì la chiave." Mi svegliai con il suono di quelle parole che mi rimbalzava nella testa. Sentivo di essere vicino alla soluzione, ma ancora non capivo.
- E poi che faceste? Rimaneste in piedi fino al momento della sfida?
- No. Riuscii a riprendere sonno. E stavolta fu Ra a comparirmi in sogno.
- Ra?! Il dio del Sole?!
- Sì lui. "Devi guardare il sole" - mi disse - "Concentrati sul sole." Mi svegliai. La guardia del faraone era già pronta per scortarmi verso l'obelisco. Fu solo lì, di fronte alla folla in attesa e grondante di sudore, dopo aver osservato lo spostamento del sole e l'allungarsi dell'ombra, che ebbi l'intuizione.
- Mai intuizione fu più provvidenziale immagino.
- Immagina bene. Non ho mai più provato quella sensazione. Né durante la mia vita terrena né durante la mia vita ultraterrena. Fu come un'esplosione di calore al basso ventre. Un uragano tropicale che rimescola le viscere.
- Come mi piacerebbe provare una volta quella sensazione.
- Atena! Ra! Vi ringrazio! Urlai.
- E il faraone come la prese? Vi ricoprì d’oro come promesso? E i sacerdoti come reagirono?
- Il resto ha poca importanza. Non lo ricordo bene. E poi lo può desumere da altre fonti. Comunque volendo raccontare brevemente ciò che ricordo, mi feci portare un'asta, la piantai in prossimità dell'ombra proiettata dall’obelisco e sfruttando la similitudine tra il triangolo avente come cateti l’obelisco e la sua ombra e il triangolo avente come cateti l’asta e la sua ombra, dimostrai che il rapporto tra l'altezza dell'asta e quella dell’obelisco è uguale al rapporto tra le rispettive ombre.
- Quindi immagino che poi aspettaste il momento del giorno in cui la lunghezza dell’ombra dell’asta avesse raggiunto la stessa lunghezza dell’asta...
- Esattamente! A quel punto misurammo la lunghezza dell’ombra dell’obelisco che in quel momento coincideva con la lunghezza dell’obelisco.
- Sì, perché quello era il momento del giorno in cui l’inclinazione dei raggi solari è di 45°, no?
- Sì, ma come dicevo, questi dettagli li può trovare su uno degli innumerevoli libri che trattano il Teorema di "Talete". Ora mi lasci andare, altrimenti arriverò tardi all'appuntamento quindicinale per la tazza di idromele con i babilonesi.
- Andate, andate. Non vorrei che perdeste un appuntamento così importante. Solo un'ultima brevissima domanda. Ma è vero quello che racconta Giamblico?
- E cioè?
- E cioè che il giovane Pitagora viaggiò da Samo fino a Mileto solo per poter parlare con voi?
- Certo che è vero! Io ero vecchio e stanco, ma quel giovane mi suscitò un'immediata simpatia. Rivedevo in lui quel fervore e quell'entusiasmo che erano miei nel periodo del mio viaggio in Egitto cinquant'anni prima.
- No, la cosa mi interessava perché il personaggio della prossima intervista adeFonica sarà proprio lui: Pitagora.
- Ah! Me lo saluti tanto! Come le dicevo non è così facile parlare con i membri degli altri gironi trasversali. E poi col girone dei teorici numerici c'è una certa rivalità da qualche decina di secoli oramai. Ma ora la devo proprio salutare.
- Sì, sì, grazie mille per l'intervista.
- Non c'è di che. E se vuole sentire altri racconti non esiti a contattarmi di nuovo! Kalispera!

Per una trattazione più breve e noiosa vedi: Talete: Numeri e Geometria attraverso la storia

Indice della serie "Numeri e Geometria attraverso le interviste"

Versione integrale in pdf dell'intervista